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Ho trovato interessante questo articolo dell'ultimo numero di Abitare, di cui vi riporto un estratto:

“Tomorrow”: opere d’arte in un interno
“L’arte ha bisogno solo di uno spettatore”. Elmgreen & Dragset forzano il concetto di display e mettono in mostra al Victoria & Albert Museum di Londra parte delle collezioni e alcune loro opere allestendo una casa privata, quella di un ipotetico architetto utopista in pensione: Norman Swann.

Che un interno domestico, in quanto espressione individuale di chi vi abita, abbia necessariamente un carattere "teatrale" è un'affermazione alquanto vicina a un cliché, che tuttavia è necessario assumere a presupposto di questo articolo. La creazione di una raffinata dialettica tra intimità e artificio, soggettività e oggettività è infatti la finalità ultima del progetto di interior design, da intendersi qui nell'accezione pre-moderna di sviluppo di "costellazioni di oggetti" che agiscono come indici della personalità di chi li possiede. In tale scenario, l'opera d'arte e/o l'oggetto artistico innescano dinamiche complesse, che non solo riguardano l'attivazione di quelle "costellazioni" in relazione alle nozioni di lifestyle e gusto estetico; suggeriscono inoltre una riflessione sullo status dell'opera d'arte quando sottoposta a processi di appropriazione e privatizzazione che ne accorciano pericolosamente la distanza dalla realtà del bene di consumo. La questione - piuttosto intricata, e forse pure tacciabile di fatuità - può essere essenzialmente centrata sull'indagine degli effetti di un approccio "eclettico" alla definizione dell'ambiente domestico; approccio che effettivamente mira alla creazione di "scenari" nei quali le commodity e gli oggetti artistici convivono gli uni accanto agli altri.
"Un ambiente 'eclettico' è forse più indicativo dell'indole e della storia di un individuo che un allestimento eseguito secondo una determinata scuola o -ismo", affermano Michael Elmgreen & Ingar Dragset, artisti scandinavi che in più di un'occasione hanno "dislocato" e "decontestualizzato" l'opera d'arte all'interno e in virtù di scenari domestici.
(...) Nel museo moderno la successione delle opere scandisce il tempo della visita. In Tomorrow, il visitatore è persino esortato a "rannicchiarsi nel letto dell'architetto", "mettersi comodo sul suo divano", sperimentare un approccio anticonvenzionale al museo e alla sua collezione; e ovviamente godere delle opere da punti di vista anomali. L'interesse per una fruizione "distratta", "passiva" dell'arte, quale quella che interessa l'esperienza per esempio di una collezione in un contesto domestico. Colui che ha visitato questi inediti luoghi dove assaporare l'arte, può testimoniare come quelle "deviazioni" di contesto provocassero un'esitazione, una presa di coscienza della novità di incontrare un'opera d'arte mentre si ozia in poltrona, o si sta distesi nel letto, distrattamente, appunto.. mentre le opere vengono assorbite dalla stanza e diventano sfondo di conversazioni e derive del pensiero.
(...) Indipendentemente dalle finalità di questo articolo, è indubbio riconoscere che l'arte "in casa" è più vicina alla vita. "Quando l'opera vive accanto ai beni di consumo", dicono Elmgreen & Dragset, "acquista una dimensione più umana. L'arte non ha bisogno di pareti bianche, di plinti, di teche.. L'arte ha bisogno solo di uno spettatore".
Michele D'Aurizio.


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