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“C’è una differenza sostanziale tra moda e design: il buon design resta, le mode passano”. 
Vico Magistretti

"What's the difference between fashion and design? Good design lasts, fashions fade". 
Vico Magistretti


L'Atollo, da molti anni ormai, non è più una lampada o meglio non è solo una lampada. È un mito, è un'icona: uno dei simboli più accettati nel mondo del design, uno dei pochissimi prodotti che tutti riconoscono e chiamano per nome. Disegnata da Vico Magistretti nel 1977, nel 1979 vince il Compasso d'Oro e da allora entra a far parte delle collezioni permanenti dei maggiori musei di design, ma entra anche a far parte dell'arredamento di moltissime case, abitate da persone che amano e sanno scegliere le cose che le circondano.
Il segreto consiste probabilmente nella costruzione geometrica delle sue forme: il cono sul cilindro e sopra a tutto la semisfera. Scultura luminosa cui nulla è possibile togliere, nulla è possibile aggiungere. E che è impossibile imitare.

Fondata nel 1945 da Giuseppe Ostuni, maestro d'arte, Oluce è, nel campo dell'illuminazione, la più antica azienda italiana di design ancora attiva. Prima del conflitto mondiale esisteva infatti la sola Arteluce di Gino Sarfatti, scomparsa alla fine degli anni '90, nel 1948 nasceranno Azucena e Lamperti, nel 1950 Arredoluce e Stilnovo. Saranno però soprattutto Arteluce, Azucena e Oluce a focalizzare, per lunghi anni, il panorama italiano, costituendosi quali centri di incontro per quei progettisti che, fortemente coinvolti dalla ricostruzione prima e dalla nascita della produzione in serie poi, animavano il dibattito milanese: Vittoriano Viganò e i BBPR, Gigi Caccia Dominioni e Ignazio Gardella, Marco Zanuso e infine Joe Colombo.
Già nel 1951 Oluce partecipa, con successo, alla IX Triennale, presentando, nella sezione dell'illuminazione, curata da Achille, Livio e Pier Giacomo Castiglioni, un Luminator disegnato da Franco Buzzi. L'azienda, com'era tipico nella storia di quel periodo, raggiunge subito, grazie alla rivista Domus, un pubblico internazionale. I cataloghi degli anni '50 testimoniano della peculiarità del lavoro di Ostuni, lavoro ancora sostanzialmente da indagare in chiave critica. Un grande successo è sancito da Tito Agnoli con le segnalazioni alla seconda edizione del Compasso d'Oro, nel 1955, di due lampade (il modello da terra 363 e uno speciale modello per libreria). Nel 1956 seguiranno, in rapida sequenza, altre due segnalazioni: per una notevolissima lampada da tavolo in polivinile a lamelle e per un apparecchio a sospensione (mod. 4461) con doppio diffusore in perspex. Fondamentale infine ricordare, nel 1954, l'apparecchio 255/387 (detto ''Agnoli''), esile tige che regge uno spot, a segnare la fine dei paralumi e l'adozione di lampade da terra molto semplificate anche nell'illuminazione domestica.
Oltre ad Agnoli, con Ostuni lavorano: Forti, dimenticato interprete delle nuove esigenze abitative della borghesia milanese, Arnaboldi, Monti e Minale. Ma è alla fine del decennio, e precisamente grazie all'incontro con Joe e Gianni Colombo, che Oluce acquista una più precisa carica rivoluzionaria. I fratelli Colombo (poi solo Joe proseguirà le sue acuminate incursioni nel mondo degli oggetti, dedicandosi Gianni all'arte pura) cercavano un interlocutore in grado di reagire alle loro provocazioni: lo troveranno in Ostuni. Innanzittutto nascerà la lampada da tavolo 281, conosciuta come ''Acrilica'', presente nel catalogo Oluce dal 1962. Curva di spessissimo perspex lungo cui la luce pare risalire, essa rimane da un lato come dimostrazione di un possibile punto di incontro tra arte e design, dall'altro come testimonianza di un uso colto dei nuovi materiali. Medaglia d'oro alla XIII Triennale, la stessa in cui Joe Colombo otterrà anche due medaglie d'argento (per il ''Combi-Center'' e la ''Mini- Kitchen''), ''Acrilica'' posiziona la figura di Joe Colombo tra i grandi interpreti dell'epoca.
Intanto, nel 1963, in produzione dal 1965, Marco Zanuso disegna per Oluce un dimenticato capolavoro, la lampada da tavolo modello 275 con grande diffusore in perspex bianco orientabile a rotazione su di una base in metallo laccato. Nel 1964/66, nuovamente da un materiale, il vetro stampato detto ''Lente Fresnel'', nascerà, con Joe Colombo, la famiglia di lampade stagne da esterno ''Fresnel'' con base in metallo verniciato e diffusore trattenuto da mollette d'acciaio. Seguirà, nel 1965, il gruppo ''Spider'' ove un unico corpo illuminante, disegnato come risposta ad una speciale lampadina a spot orizzontale, veniva montato, grazie ad uno snodo in melamina, in diverse situazioni (casa/ufficio) e su diversi supporti (tavolo/terra/ parete/soffitto), impostando il concetto stesso di ''famiglia'' di lampade. La lamiera stampata, verniciata a fuoco in bianco, in nero, ma anche in arancio e marrone, scorrevole sulla tige cromata lucida, parlava del futuro. Nel 1967 ''Spider'' vince il primo Compasso d'Oro per la Oluce e, nel 1972, è a New York per la indimenticabile mostra ''Italy: the New Domestic Landscape''.
Nel 1967 Colombo è però già più avanti e, con il modello ''Coupé'', conservato al MoMa di New York, propone uno stelo curvo di notevoli dimensioni a sorreggere una elegantissima calotta semicilindrica. La Coupé vince, nel 1968, lo ''International Design Award'' dell'American Institute of Interior Designers di Chicago. Nel 1970 infine, entrata in produzione nel 1972, ad un anno dalla prematura scomparsa di Joe Colombo, nasce la ''Lampada alogena'', necessariamente da allora chiamata ''Colombo''. Prima alogena per interni ad apparire sul mercato, icona insuperata di un design assieme funzionale e contemporaneo. Intanto però alla Oluce è iniziata una nuova importantissima epoca, coincidente con il passaggio della proprietà da Giuseppe Ostuni alla famiglia Verderi e contrassegnata dalla preponderante figura di uno dei grandi maestri del design italiano: Vico Magistretti. Per molti anni Magistretti sarà art director e principale designer della compagnia, lasciando in essa una traccia inconfondibile e un patrimonio di riconoscibilità diffuso nel mondo intero. Kuta, Lester, Nara, Idomeneo, Pascal, Dim, Sonora, Snow, ma soprattutto Atollo, divengono nomi capaci di evocare il prodotto corrispondente. Atollo si trasforma addirittura in una sagoma, una silhouette grafica in grado di suggerire il concetto stesso di ''lampada''.
Atollo, imitata nel mondo intero, ma sostanzialmente inimitabile, vincitrice del Compasso d'Oro nel 1979, presente nelle collezioni permanenti dei maggiori musei di design e arti decorative del mondo, è quindi ormai molto di più che una lampada. È un mito. Il suo segreto sta probabilmente nella costruzione geometrica delle forme: il cono sul cilindro e sopra a tutto la semisfera. Scultura luminosa cui nulla è possibile togliere, nulla è possibile aggiungere. La presenza di Magistretti preserva intanto Oluce da facili incursioni nelle poetiche post-moderne, come è dimostrato dalla presenza in catalogo di numerosi pezzi di Bruno Gecchelin.
All'inizio degli anni '90, sarà il rigore dello svizzero Hannes Wettstein, allora designer emergente, a caratterizzare la filosofi a dell'azienda. Ricordiamo, dello stesso Wettstein, il modello ''Soirée'', esile assemblaggio di alluminio e makrofol. Parallelamente trovano spazio le ironiche provocazioni di Riccardo Dalisi con i modelli ''Sister'' e ''Zefiro''. Nel 1995, Oluce inizia un nuovo corso che, attraverso la art direction di Marco Romanelli, potenzia il successo internazionale e il riconoscimento critico della collezione. La nuova formula si incentra sulla valorizzazione di linguaggi estremamente differenti e personali in particolare appartenenti ad esponenti di spicco della ricerca contemporanea quali l'inglese Sebastian Bergne, lo svizzero Hans Peter Weidmann, gli italiani Laudani&Romanelli. Nel 1997 la lampada ''Estela'' è il primo oggetto in produzione industriale dei fratelli Fernando e Humberto Campana, poetici interpreti del loro lontano Brasile. Nel 2000 con la serie ''Nuvola'' inizia a collaborare con Oluce Toni Cordero. Tra i maggiori architetti italiani della sua generazione, Cordero si impone per le sue forme assolutamente dirompenti e non omologate. ''Nuvola'' sarà il suo ultimo straordinario progetto.
Nel 2001 sassi in bianco vetro di Murano e canne in perspex trasparente popolano lo stand Oluce ad Euroluce. Disegnate da Laudani&Romanelli e da Ferdi Giardini propongono un modo di intendere il design che superi la funzione per farsi poesia. Su questo sentiero prosegue la ricerca di autorevoli voci internazionali che possano declinare le tipologie dell'illuminazione secondo la filosofi a di Oluce. Il compatto gruppo di progettisti si arricchisce allora inglobando l'americano Tim Power, lo scandinavo Harri Koskinen e l'italiano Carlo Colombo. Il nuovo millennio si apre quindi, per Oluce, con nuove collaborazioni e una nuova energia. Da un lato vengono esplorati territori al confine della luce: Ferdi Giardini propone con ''Nerolia'' una lampada diffusore di essenze profumate, Francesco Rota, con ''Ibiza'', un apparecchio da esterno che contiene un sofisticato altoparlante, Laudani&Romanelli, con ''Cand-led'', una candela luminosa svincolata dalla presa e ricaricabile come i telefoni cellulari. Harri Koskinen, il giovane finlandese che è stato capace di rilanciare il design nordico sulla scena internazionale, alla sua prima prova oltre i confini nazionali, immagina, con ''Lamppu'', una lampada da lettura con testa amovibile e utilizzabile come torcia. Ciascuno di questi progetti apre una preziosa linea di ricerca e di innovazione.
Entra infine nella squadra Oluce, con ''Sorane'' prima e quindi con ''Switch'', Oki Sato, ovvero Nendo, il più raffinato tra i nuovi progettisti giapponesi. Ma questa, ormai, non è più la storia dell'Oluce, piuttosto l'apporto della Oluce al design contemporaneo.

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