Fiducia e etica indispensabili soprattutto nel mondo dei servizi, che richiedono precisione, qualità, affidabilità.
Estetica. Le forme, i colori, i suoni, le buone maniere sono altrettanto indispensabili all'uomo post-moderno quanto la sostanza e la funzionalità. Man mano che la tecnologia porta a termine il suo contributo al perfezionamento di un oggetto, scatta l'esigenza che quell'oggetto sia più bello. Man mano che un servizio esaurisce il suo compito pratico, scatta l'esigenza che esso sia più raffinato, originale, estroso. Fino a qualche decennio fa, gli orologi si distinguevano l'uno dall'altro soprattutto per il grado della loro precisione. Oggi l'orologio al quarzo è circa 200 volte più preciso di quanto occorra a un normale utente: cresce, quindi, l'esigenza che esso si distingua sul piano del design. Il godimento estetico che ne deriva, l'ostentazione della bellezza, il collezionismo, si affiancano alla tradizionale funzione tecnica dell'orologio, che consisteva nel fornire l'orario preciso. Considerazioni analoghe valgono per l'aereo, per l'automobile, per la barca, per le suppellettili, e via dicendo.
Soggettività contrapposta all'appiattimento collettivo, alla massificazione industriale. Per anni ci siamo preoccupati di apparire come gli altri, di vestire come gli altri, di parlare come gli altri, di agire insieme agli altri confluendo in collettivi (il partito, il sindacato, il club) capaci di esaltare le affinità e ridurre le differenze. Oggi sentiamo il bisogno di affermare la nostra soggettività, le particolarità che ci distinguono dagli altri, il diritto di essere rispettati nella nostra dignità individuale a prescindere dal fatto di appartenere a un determinato gruppo o di militare in un determinato collettivo.
Emotività. L'illuminismo, che ha fornito il paradigma filosofico all'industria, giustamente lottava contro l'eccesso di emotività, contro l'irrazionalismo, contro la superstizione che guidavano le azioni umane più del ragionamento razionale e della scienza. L'affermazione della ragione ha consentito il progresso industriale ma ha poi provocato una mortificazione della sfera emotiva, seppellita sotto un eccesso di razionalismo. Questa aberrazione passava inosservata quando le imprese avevano bisogno soltanto di lavoratori esecutivi ma è apparsa intollerabile allorquando, delegate alle macchine le mansioni ripetitive, è divenuto indispensabile l'apporto creativo dei lavoratori e la flessibilità.
La creatività nasce dalla sintesi della nostra sfera razionale e della nostra sfera emotiva; l'una o l'altra, da sola, non basta. Dunque, l'organizzazione postindustriale, se vuole essere creativa, deve riabilitare la sfera emotiva. Di qui l'emergente interesse per le passioni, per le emozioni, per i sentimenti.
Androginia. La società industriale, oltre a privilegiare la sfera razionale rispetto a quella emotiva, aveva privilegiato la pratica rispetto all'estetica, la quantità rispetto alla qualità, la collettività rispetto alla soggettività. Quelli che oggi emergono come tre valori fondamentali - soggettività, estetica, emotività - ieri erano considerati disvalori e, come tali, erano relegati nella sfera domestica e lasciati alle donne. Commuoversi, agghindarsi, vivere isolate, dedicarsi all'ascolto più che alla parola, all'introspezione e al silenzio più che all'espressione, erano caratteristiche e doveri da femminucce.
Per due secoli, le donne sono rimaste vestali di questi tre valori, di cui sono oggi ricche depositarie. Di qui la rivalutazione del mondo femminile e del suo patrimonio culturale. Di qui la metamorfosi della società maschista in società androgina. Di qui l'androginìa come valore emergente, con tutti i suoi risvolti sul costume, sull'etica, sul diritto, sulle carriere. Non solo le donne entrano nelle stanze dei bottoni, ma gli uomini cominciano ad introiettare valori "femminili" che prima disprezzavano: dalla cura del corpo all'attenzione per la vita domestica e all'apprezzamento dell'emotività.
Virtualità. I rapporti tra le persone e con gli oggetti si dissociano sempre più dalla compresenza fisica degli stessi.
Destrutturazione del lavoro e del tempo libero, per cui molti attuali confini di spazio e di tempo risultano pretestuosi e rispondono soltanto a vecchi ritualismi privi di senso, controproducenti persino, rispetto alle nuove esigenze di autonomia, flessibilità e creatività.
Qualità della vita, contrapposto a un atteggiamento sacrificale, fatalistico, espiatorio, calvinista. I pochi bisogni "forti" che hanno angustiato l'esistenza dell'uomo industriale, spingendolo a faticare tutta la vita per mantenere la famiglia, per comprare una casa, per far studiare il primogenito, si vanno stemperando in una miriade di bisogni "deboli", di ordine culturale e voluttuario, propri di una società che ha raggiunto il benessere e che pretende di goderne fin da questa vita terrena, senza attendere la beatitudine dell'aldilà.
- Domenico De Masi -
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